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Distanza di separazione statica e dinamica nella UNI EN ISO 13855:2025

Distanza di separazione statica e dinamica nella UNI EN ISO 13855:2025

La sicurezza delle macchine è un pilastro fondamentale nell’industria moderna, e la norma UNI EN 13855 “Sicurezza del macchinario – Posizionamento dei mezzi di protezione in funzione dell’avvicinamento del corpo umano” è uno degli strumenti chiave per garantire che i lavoratori siano adeguatamente protetti dai rischi meccanici. Con l’avanzare della tecnologia e l’integrazione sempre maggiore di sistemi automatizzati, la necessità di affinare le metodologie di calcolo delle distanze di sicurezza è diventata imperativa. L’aggiornamento della norma UNI EN ISO 13855 alla sua versione 2025 introduce importanti chiarimenti e distinzioni tra la distanza di separazione statica e quella dinamica, elementi cruciali per la progettazione e l’implementazione di sistemi di protezione efficaci.

Il cuore della norma: protezione basata sulla distanza

La norma UNI EN ISO 13855 ha come obiettivo primario quello di definire le distanze minime di sicurezza tra le zone pericolose di un macchinario e le apparecchiature di protezione (ad esempio, barriere fotoelettriche, barriere fisiche) per impedire che una persona possa raggiungere la zona pericolosa prima che il movimento pericoloso sia cessato. Il principio cardine è che la distanza di sicurezza deve essere calcolata in funzione del tempo di arresto della macchina e della velocità di avvicinamento delle parti del corpo umano.

Distanza di separazione statica: la prospettiva tradizionale

Tradizionalmente, la distanza di separazione è stata calcolata in modo prevalentemente “statico”. Questo significa che si è considerato lo scenario peggiore in cui una persona si avvicina a una zona pericolosa con una velocità massima prevedibile e il dispositivo di protezione deve intervenire per arrestare il movimento prima che la persona raggiunga la zona di rischio. In questo contesto, la distanza di separazione statica (Ss) si basa su:

  • Tempo di arresto totale del sistema (T): la somma del tempo di risposta del dispositivo di protezione e del tempo di arresto della macchina.
  • Velocità di avvicinamento delle parti del corpo (K): un valore tabellato che rappresenta la velocità massima con cui una parte del corpo umano (generalmente la mano o il braccio) può muoversi.
  • Profondità di penetrazione aggiuntiva (C): un fattore che tiene conto di eventuali movimenti involontari o della possibilità di raggiungere una zona pericolosa oltre il punto di attivazione del dispositivo di protezione.

La formula base per la distanza di separazione statica è spesso espressa come: Ss =K×T+C.

Questo approccio è robusto e ampiamente applicato in scenari dove il movimento della macchina è prevedibile e l’interazione umana è relativamente lineare.

Distanza di separazione dinamica: l’innovazione della versione 2025

La versione 2025 della UNI EN 13855 introduce in modo più esplicito e dettagliato il concetto di distanza di separazione dinamica (Sd). Questo approccio riconosce che in molti contesti industriali moderni, i movimenti delle macchine non sono sempre lineari o prevedibili in modo statico. Si pensi a robot collaborativi, sistemi di movimentazione autonomi (AGV) o macchine con traiettorie di movimento complesse e variabili.

La distanza di separazione dinamica prende in considerazione la traiettoria effettiva del movimento pericoloso e la posizione dell’operatore in tempo reale. Non si tratta più solo di un calcolo basato su un punto fisso di attivazione, ma di una valutazione continua del rischio in funzione delle posizioni relative tra l’operatore e il movimento pericoloso. Questo richiede:

  • Monitoraggio continuo: sistemi di sensori avanzati (visione artificiale, scanner laser di sicurezza, sensori di prossimità) che monitorano costantemente la posizione dell’operatore e delle parti in movimento della macchina.
  • Algoritmi di previsione: capacità di prevedere la traiettoria futura del movimento pericoloso e, contemporaneamente, la traiettoria dell’operatore.
  • Velocità e accelerazione variabili: la considerazione non solo della velocità massima, ma anche delle accelerazioni e decelerazioni, che influenzano il tempo e la distanza necessari per l’arresto.
  • Zone di protezione variabili: la possibilità che le zone di protezione si adattino dinamicamente in base alla situazione, restringendosi o espandendosi a seconda del rischio percepito.

L’introduzione della distanza di separazione dinamica è una risposta alla crescente complessità dei sistemi automatizzati e alla necessità di garantire la sicurezza in ambienti dove l’interazione uomo-macchina è più fluida e meno prevedibile. Permette una maggiore flessibilità operativa, riducendo le distanze di sicurezza inutilmente ampie in situazioni di basso rischio, pur mantenendo la massima protezione quando il rischio è elevato.

Esempio concreto: un braccio robotico in un’area di lavoro

Per comprendere meglio la differenza, consideriamo un braccio robotico che esegue operazioni in un’area di lavoro condivisa con operatori umani.

Scenario Statico

In un approccio statico, l’installazione tipica prevedrebbe una barriera fotoelettrica o un tappeto sensibile alla pressione posizionato a una distanza predefinita dal limite massimo di estensione del braccio robotico.

  • Calcolo: Si misura il tempo di arresto massimo del robot e si applica la formula Ss =K×T+C. Supponiamo che il tempo di arresto totale del robot sia di 0,5 secondi e che K (velocità mano/braccio) sia 1600 mm/s. Aggiungendo un fattore C di 100 mm per penetrazione, la distanza di sicurezza Ss sarebbe: 1600 mm/s×0,5 s+100 mm=800 mm+100 mm=900 mm.
  • Funzionamento: se un operatore interrompe il fascio della barriera fotoelettrica o calpesta il tappeto all’interno di 900 mm dal limite dell’area di lavoro del robot, il robot si arresta immediatamente.
  • Limiti: questa impostazione può essere restrittiva. Anche se il robot si muove lentamente in un’area lontana dall’operatore, l’intera cella robotica potrebbe essere disabilitata, limitando la produttività. L’area di lavoro effettiva dell’operatore è fissa, indipendentemente dalla posizione o velocità del robot.

Scenario Dinamico

Con un approccio dinamico, il sistema di sicurezza è molto più adattivo. Si potrebbero utilizzare scanner laser di sicurezza montati sul robot stesso o nell’area di lavoro, in grado di rilevare la presenza e la posizione degli operatori in tempo reale.

  • Calcolo e funzionamento: non esiste una singola “distanza” fissa. Gli scanner di sicurezza creano delle “zone di protezione” che si muovono e si adattano in base alla posizione e alla velocità del braccio robotico e dell’operatore.

Se l’operatore è lontano dal robot, le zone di protezione sono più ampie, ma il robot può continuare a operare a velocità normale.

Man mano che l’operatore si avvicina, il sistema non solo rallenta il robot (riducendo la velocità, quindi riducendo virtualmente il “K” effettivo e il “T” di arresto necessario), ma può anche definire una zona di protezione più ristretta attorno al robot stesso.

Se l’operatore entra in una zona di allarme (es. 200 mm dal robot), il robot potrebbe rallentare drasticamente. Se l’operatore entra nella zona di arresto (es. 50 mm dal robot), il robot si arresta completamente.

  • Vantaggi: questo permette una collaborazione uomo-robot più efficiente e sicura. Il robot può operare in modo continuo e produttivo anche in presenza di operatori, rallentando o fermandosi solo quando strettamente necessario. La distanza di separazione effettiva non è un numero fisso, ma una relazione dinamica tra la posizione del pericolo e la posizione della persona.

Conclusioni: sicurezza e produttività nell’Industria 4.0

L’aggiornamento della UNI EN ISO 13855:2025, enfatizzando la distinzione tra distanza di separazione statica e dinamica, riflette l’evoluzione del panorama industriale. Mentre la distanza statica rimane fondamentale per le applicazioni più tradizionali e prevedibili, l’introduzione più robusta della distanza dinamica apre la strada a soluzioni di sicurezza più sofisticate e flessibili, essenziali per l’implementazione di sistemi di automazione avanzati e per la collaborazione uomo-macchina.

Comprendere e applicare correttamente questi concetti è cruciale per ingegneri, progettisti di macchine e responsabili della sicurezza, al fine di garantire non solo la conformità normativa, ma soprattutto la protezione efficace dei lavoratori in un ambiente industriale in continua trasformazione.

L’obiettivo ultimo è bilanciare la massima sicurezza con l’ottimizzazione dei processi, un equilibrio che la UNI EN ISO 13855 cerca di facilitare attraverso una visione più dinamica della protezione.

CONSAFE è a disposizione per un supporto concreto ed efficace nella comprensione dettagliata e l’applicazione delle tante novità della norma UNI EN ISO 13855:2025.

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